Sempre più persone rinunciano a curarsi, mentre il sistema sanitario italiano fatica a reggere: il SSN è in crisi profonda. Negli ultimi quindici anni, ha subito un progressivo definanziamento che oggi ne mette seriamente a rischio la sostenibilità. Secondo i dati contenuti nel 7° Rapporto GIMBE, tra il 2010 e il 2019 sono stati sottratti alla sanità pubblica oltre 37 miliardi di euro, mentre gli incrementi successivi sono stati assorbiti quasi interamente dai costi legati alla pandemia. Nel periodo 2020-2022, ad esempio, l’aumento del Fondo Sanitario Nazionale è stato pari a 11,6 miliardi di euro, ma interamente destinato alla gestione dell’emergenza Covid-19.
A fronte di una crescita prevista del PIL nominale pari al 2,8% annuo tra il 2025 e il 2027, la spesa sanitaria crescerà solo del 2,3% annuo. Questo significa che, in termini relativi, l’investimento pubblico in sanità continuerà a ridursi. Il rapporto spesa sanitaria/PIL scenderà infatti dal 6,3% del 2024-2025 al 6,2% nel biennio successivo. Inoltre, l’Italia presenta un gap di spesa pubblica rispetto alla media dei Paesi UE di ben 52,4 miliardi di euro, corrispondenti a circa 889 euro in meno pro capite.
Il risultato? Un sistema indebolito, che fatica a garantire i principi su cui è stato costruito: universalismo, equità, accessibilità.
Un sistema sotto pressione: personale al limite e disparità territoriali
I numeri raccontano una crisi, ma la realtà la si vive ogni giorno: ambulatori sovraffollati, professionisti sfiniti, pazienti in attesa. Il personale sanitario è al limite: tra il 2019 e il 2022 il sistema ha perso oltre 11.000 medici, a cui si aggiungono 2.564 abbandoni solo nel primo semestre del 2023. Anche il personale infermieristico è in grave sofferenza, con soli 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, contro una media OCSE di 9,8.
I giovani mostrano sempre meno interesse a intraprendere carriere sanitarie: nel 2022 i laureati in scienze infermieristiche erano appena 16,4 ogni 100.000 abitanti, contro una media OCSE di 44,9. E per l’anno accademico 2024-2025 le domande per accedere al corso di laurea in infermieristica sono state solo 21.250, a fronte di 20.435 posti disponibili.
Dal lato dei cittadini, la situazione è altrettanto critica. Nel 2023, circa 4,5 milioni di persone hanno rinunciato a visite specialistiche o esami diagnostici, e oltre 2,5 milioni lo hanno fatto per motivi economici. La spesa sanitaria a carico delle famiglie è cresciuta del 10,3% in un solo anno (+3.806 milioni di euro), mentre quella pubblica è rimasta pressoché stabile (-73 milioni).
Il quadro si aggrava ulteriormente guardando alle disparità territoriali. Nel 2022 solo 13 Regioni hanno rispettato i livelli essenziali di assistenza (LEA), con una netta predominanza del Nord. Al Sud, solo Puglia e Basilicata hanno superato la soglia minima, restando comunque in fondo alla classifica. La mobilità sanitaria penalizza fortemente il Mezzogiorno: tra il 2012 e il 2021 le Regioni del Sud hanno perso complessivamente 10,96 miliardi di euro in migrazione sanitaria.
A più di tre anni dal lancio del PNRR, i ritardi nell’attuazione sono evidenti. Solo il 19% delle Case di Comunità previste sono attive, così come il 13% degli Ospedali di Comunità e il 59% delle Centrali Operative Territoriali, con performance peggiori proprio nelle Regioni meridionali.
L’equilibrio possibile: come il privato può integrarsi al pubblico
In un contesto così fragile, è fondamentale ripensare il ruolo della sanità privata non come antagonista del SSN, ma come alleato nel garantire accesso alle cure. Sempre più cittadini si rivolgono a strutture private non per scelta ideologica, ma per necessità: lunghi tempi di attesa, carenze di personale e difficoltà logistiche li spingono a cercare soluzioni alternative, spesso a pagamento.
Questa tendenza non va letta come un fallimento del sistema pubblico, ma come una realtà con cui è necessario confrontarsi. In molte aree del Paese, infatti, la presenza di centri medici privati rappresenta una risorsa concreta per decongestionare il pubblico e offrire risposte rapide, soprattutto in ambiti diagnostici o specialistici.
Sebbene il SSN resti un pilastro imprescindibile, in molte realtà locali – come nel territorio di Pistoia – strutture sanitarie private come il centro medico San Jacopo rappresentano un supporto concreto per chi ha bisogno di cure rapide e accessibili, evitando attese incompatibili con le proprie necessità. Questo approccio integrato può rappresentare una chiave per tutelare il diritto alla salute, senza rinunciare all’universalità del sistema.
Difendere il SSN significa anche saperlo evolvere: rendere la salute davvero accessibile, per tutti, ovunque.
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